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filosofia arte

Principi dell'Arte Sacra ( dagli scritti di Ananda K. Coomaraswamy)

Principi dell'Arte Sacra ( dagli scritti di Ananda K. Coomaraswamy)

 

Ho deciso di condividere questi appunti, che sono il frutto di molti anni di studio, perche' ritengo che qualche "cercatore sincero" potrebbe assai beneficiarne e perche' inoltre, ne ho verificato, con esperienza diretta, la validita' teorica e spirituale.

La distinzione tra “artista” e “artigiano” è specificatamente moderna,  i due termini derivando da “artifex” che è un uomo che esercita indifferentemente un’arte o un mestiere.

Tale attività è inoltre connessa con i principi cosmologici e si rivela un mezzo di partecipazione consapevole  ed effettivo alla realizzazione dell’ordine (legge d’armonia) che regola il mondo.

Nella concezione tradizionale, ognuno deve normalmente adempiere la funzione a cui è destinato dalla propria natura e non può adempierne un’altra senza provocare un grave disordine che avrà ripercussioni su tutto l’ordine sociale del quale fa parte.

L’abilità in un’arte non può costituire se non una conseguenza del tutto accessoria,  e in taluni casi una sorta di “supporto” per la realizzazione spirituale interiore, a condizione che “l’orientamento” sia mantenuto “retto”; ricercandola di per se stessa non potrà che diventare un ostacolo, avendo gli stessi inconvenienti della ricerca dei “poteri”.

Nel caso dell’opera d’arte occorre perciò sapere prima di tutto a quale uso è destinata e inoltre quale significato deve comunicare all’intelligenza di coloro che ne usufruiscono; essa è la realizzazione sensibile di una “contemplazione”, la quale è ciò per cui lavora l’artista e senza il cui prodotto non si può parlare veramente di un’opera d’arte, che merita questo nome quando è atta a soddisfare allo stesso tempo sia bisogni di ordine corporeo sia di ordine spirituale, cioè se è contemporaneamente oggetto di uso comune e “supporto di contemplazione”.

Non esiste arte quando non sia presente in essa un significato simbolico; tale significato esteriorizza le relazioni esistenti fra i diversi ordini di realtà che sono presenti nella manifestazione universale e il principio dal quale tale manifestazione trae tutta la sua realtà.

L’artista imita la natura nel suo operare quando contempla in se stesso un “esemplare” o “archetipo” o “prototipi divini”. La ripetizione di formule trasmesse oralmente consente all’artista,dopo averle assimilate e fatte proprie attraverso la sua comprensione ( che è del resto il solo senso in cui si possa parlare di “proprietà” quando si tratta di idee) di “ricrearle” in conformità alla propria natura; conformandosi al modello ideale, d’altronde, anche l’artigiano esprime se stesso, ma solo sub specie aeteritatis, e non quanto alla sua individualità contingente. Da ciò deriva il carattere anonimo delle opere d’arte nelle civiltà tradizionali.

Secondo tale prospettiva ogni scienza e ogni arte si presentano come un’applicazione della dottrina fondamentale in un determinato ordine contingente, così come, in un campo diverso, un’altra applicazione sono la legislazione e l’organizzazione sociale.

Grazie a questa partecipazione all’essenza della tradizione, l’arte sacra possiede in ogni suo modo di operazione un carattere rituale, in quanto è proprio il rito a mantenere in maniera cosciente la relazione tra l’ordine umano e l’ordine cosmico; e coloro che lo compiono con le dovute disposizioni interiori e seguendo una via tradizionale collaborano al mantenimento “dell’armonia delle sfere.”

Per i moderni l’opera d’arte non è più qualcosa che debba essere innanzitutto capita intellettualmente ( che non significa razionalmente) ma qualcosa che si rivolge unicamente alla sensibilità, ( da cui l’idea di estetica).